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LE COLLINE MORENICHE DEL LAGO DI GARDA

La fascia di colline che si alza intorno alla parte a Sud del lago di Garda deriva dall'evoluzione e trasformazione di un paesaggio notevolmente diverso da quello che vediamo oggi.Durante il Pleistocene (da 1,8 milioni a 11.000 anni fa) infatti, l'area è stata coperta, a periodi alterni, dal ghiacciaio del Garda che ha creato “l'anfiteatro morenico del Garda”, ovvero quella zona collinosa intercalata da conche e depressioni che caratterizza la morfologia attuale di tutta la zona intorno al lago.

Un ghiacciaio è una spessa massa di ghiaccio che si forma sulla terraferma per accumulo, compattazione e ricristallizzazione della neve. La zona di accumulo si chiama bacino collettore . Il ghiaccio può essere considerato come una roccia in quanto si forma dal raffreddamento dell'acqua, è nettamente stratificato e può modificarsi se sottoposto a pressione. Il ghiacciaio è anche una massa in movimento, sottoposta alla forza di gravità, mentre l'attrito con il fondo roccioso sul quale scivola, crea erosione e trasporto di materiale roccioso. Questi materiali trasportati o lasciati sul posto dopo la fusione del ghiaccio sono le morene che si possono trovare alla base del ghiacciaio stesso oppure ai margini, formando le morene laterali. Quando il ghiacciaio si ritira lascia sul posto delle costruzioni moreniche che non sono altro che piccole colline e rilievi di forma irregolare e costituiti da materiale eterogeneo. Si possono distinguere morene frontali di forma tipicamente convessa (tipo anfiteatro) che segnano il lite massimo di espansione glaciale. Il ghiacciaio del lago di Garda in cui l'ultima lingua glaciale si ritirò circa 15.000 anni fa, ha creato un tipico esempio di anfiteatro morenico .

Un altro anfiteatro morenico, più piccolo ma molto regolare, è quello di Rivol i, formato dal ghiacciaio della valle dell'Adige, quando la Chius a non era ancora aperta.
Oltre alle colline Moreniche, i ghiacciai ci hanno regalato i così detti “ massi erratici ”, sassi enormi che provenendo anche dall'Alto Adige non potevano essere trasportati dall'acqua, ma solo dai ghiacciai.

Ai Bragati il Capitello dell'Immacolata
(Com'era prima del Rifacimento del 2007)

Il capitello dell'Immacolata si trova alla fine della salita che dai Bragati porta ai Ventretti e Monte Marin in piena campagna. E'stato realizzato a base quadrata in mattoni e materiale di recupero ed intonacato, con tre edicole ad arco esterne ed una incassata (lato nord) con contorno intonacato e rialzato a mò di rivestimento in pietra, il tetto a quattro spioventi in pietra della Lessinia.
Le edicole erano tutte dipinte, sul lato Ovest era raffigurato S.Giacomo de Compostela ; le figure non sembra fossero ad affresco e si sono sciolte alle intemperie, pur rimanendo qualche lieve traccia sull'intonaco ancora intatto (lato Sud).
All'interno del capitello (lato Nord verso la strada) rimane la figura della Madonna su sfondo di nuvole rosate con le mani giunte leggermente alzate e rivolta verso destra ad una seconda immagine maschile con barba posta più in basso ed in preghiera, anche questa in pessime condizioni; le figure si percepiscono a tratti, mentre tutta la volta dell'arco è dipinta in azzurro a mò di cielo stellato , l'impressione è che tutta l'edicola sia stata ritoccata in tempi diversi ma l'umidità ha rialzato leggermente il supporto e c'è il rischio che si sfaldi in breve tempo.

La facciata esterna è caratterizzata da un bellissimo cancelletto a quattro riquadri in ferro battuto tondo molto leggero con linee semicircolari a formare una catenella di campanule .
Il tetto in pietra è sormontato da una croce in ferro battuto piatto la cui forma ricorda un fiore .
Ritornando alla figura ora scomparsa di S.Giacomo de Compostela don Andrea Mascalzoni ricorda un aneddoto.

In un periodo di siccità Tore Balon aiutante nei campi del prà della “Longa” (proprio dietro il capitello) con detto un po' burlone ed un po' blasfemo pungeva con la forca la zucca che la figura di S.Giacomo portava attaccata al bastone dicendo: “ La mòleto

( sta acqua).

 

Gli “Oni” la palude di Barbarago.

 

Questa zona umida, oggi di modeste dimensioni, ma un tempo, un piccolo laghetto, si è formata perché fra le colline moreniche c'è una conca, come un'enorme piatto, con terreno impermeabile, che raccoglie le acque di pioggia.

In periodo Veneziano è stato costruito un condotto sotterraneo in muratura di ciottoli alto circa un metro e lungo quasi duecento, tuttora in funzione seppur seminterrato, per bonificare la zona e scaricare l'acqua nel “ Progno dei Cappelloni ”.

Tuttavia ci sono ancora le tipiche piante delle acque poco profonde, quali la tifa o mazzasorda, e la carice (in dialetto carezza ) che è sempre servita per impagliare le sedie, oltre agli Ontani ed ai Salici. Frà gli animali le rane, la biscia d'acqua, il pesce gatto ed il persico sole (prima dell'ultimo prosciugamento era ricco di Gobi e di bellissimi pesci rossi o carassio di diversi colori, molti ragazzi-pescatori di allora li ricordano bene).

Nei tempi antichi il luogo doveva essere ideale per gli insediamenti umani del tipo palafitticolo.

In varie epoche vi sono stati diversi ritrovamenti: punte di frecce, un grande teschio dell'Uro (Bos primigenius) un bovide ora estinto, progenitore dei nostri bovini, che è esposto al Museo di Scienze Naturali di Verona, e recentemente anche monete romane ed una grossa pietra squadrata.

In periodo di autarchia, nel 1936 e nel 1943, è stata estratta la Torba, quale combustibile in sostituzione del carbone.

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 07-01-08